Ritorno alla crescita: uno scenario incerto

Doctor Copper Says: le dinamiche del prezzo del rame per monitorare l’economia

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Il prezzo del rame conferma, negli ultimi giorni, la sua relativa stabilità nell’incertezza. Rispetto ai valori di chiusura della scorsa settimana, si segnala una modesta contrazione dell’1% tanto al London Metal Exchange (LME), chiuso nella giornata odierna in vista delle festività pasquali, che allo Shanghai Futures Exchange (SHFE).

Prezzo del rame al LME e allo SHFE

Tra le notizie che hanno fatto rumore questa settimana nel mondo delle commodity, troviamo l’annuncio a sorpresa da parte dell’OPEC+ la scorsa domenica di voler tagliare la produzione di petrolio di oltre 1 milione di barili al giorno, da maggio fino alla fine dell'anno.
Sia il WTI che il Brent hanno reagito al rialzo rispetto alla chiusura di venerdì 31 marzo, a fronte di un aumento della percezione del rischio da parte dei mercati. Si rafforzano quindi i timori per le pressioni inflazionistiche, e le relative scelte in termini di politica monetaria, che potrebbero pesare sulla crescita dell’economia mondiale.

In prossimità della pausa pasquale, i mercati sembrano quindi chiudere in mancanza di particolare ottimismo, come confermato anche dai prezzi dei metalli: dopo il rialzo di inizio anno legato alle speranze sulle riaperture cinesi, negli ultimi mesi non sono giunti segnali di una chiara accelerazione, come si nota dal grafico di seguito. Tra i prezzi dei vari metalli, il rame sembra distinguersi una discreta resilienza, supportato secondo Fitch da fondamentali forti.

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Settore manifatturiero: focus USA e Cina

Guardando agli ultimi dati sulla salute del settore manifatturiero, questa settimana le news provenienti da USA e Cina hanno pesato, a loro volta, sul sentiment dei mercati, e indirettamente anche sul prezzo del rame.

L’Institute for Supply Management ha recentemente rilasciato il PMI manifatturiero USA per il mese di marzo: i risultati della survey segnalano come l’attività del settore manifatturiero americano ha dato segnali di contrazione a marzo, per il quinto mese consecutivo, dopo un periodo di 28 mesi di crescita. L’indice ha segnato quota 46.3, al di sotto della soglia di neutralità dei 50.
Emergono quindi gli effetti di una politica monetaria restrittiva per il rallentamento dell’attività economica, nonché l’impatto dell’inflazione sul potere d’acquisto.

Guardando invece al caso cinese, dopo la solida crescita in termini di output produttivo e nuovi ordini registrata a febbraio, giungono segnali di stabilità a chiusura del primo trimestre. Per il mese di marzo, il Caixin China General Manufacturing PMI si è collocato infatti sul livello neutrale di 50, in calo rispetto al massimo degli ultimi 8 mesi toccato a febbraio.
A frenare il PMI è stato, in primo luogo, un aumento più contenuto della produzione manifatturiera; anche il totale dei nuovi ordini è aumentato a un ritmo più moderato. Mentre alcune aziende hanno dichiarato che la domanda e il numero di clienti sono migliorati grazie al recente allentamento delle misure contro la pandemia, altre hanno invece registrato vendite relativamente deboli, soprattutto all'estero. Il PMI cinese segnala quindi la presenza di un rischio da parte di una domanda estera in rallentamento, che per il momento sembra stia pesando soprattutto sulle piccole imprese.
Al contrario, dal PMI servizi continuano a giungere segnali di crescita per la Cina nel mese di marzo, in linea con quanto osservato per l’Eurozona.

“So far, we have proven to be resilient climbers. But the path ahead—and especially the path back to robust growth—is rough and foggy”

A chisura del primo trimestre 2023, l’economia mondiale conferma, dunque, una congiuntura sfidante. Secondo le ultime dichiarazioni di Kristalina Georgieva, Managing Director del Fondo Monetario Internazionale, in vista della release del World Economic Outlook della prossima settimana, per l’anno in corso il Fondo prevede una crescita dell’economia mondiale inferiore al 3%: trattasi di una crescita debole rispetto alla media storica, laddove India e Cina contruibuiranno positivamente, a fronte invece di prospettive meno ottimistiche per gli Stati Uniti e l’Eurozona.