Fine dell'amministrazione Trump: quali sfide per il mercato del petrolio?

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Dopo una settimana ad altissima incertezza, Joe Biden e Kamala Harris sono stati eletti rispettivamente Presidente e Vicepresidente degli Stati Uniti d’America. Il risultato delle elezioni è stato reso noto nel corso della giornata di sabato, e questa mattina i mercati hanno avuto un risveglio caratterizzato da segnali relativamente positivi. Le quotazioni del petrolio hanno infatti registrato un aumento rispetto alla chiusura della scorsa settimana: oggi il Brent si attesta intorno ai 41 dollari al barile rispetto ai 39.5 di venerdì e il WTI intorno ai 40 dollari, rispetto ai 37.1 con cui aveva chiuso la scorsa settimana.

Nell'altalena della settimana elettorale, mercoledì le quotazioni hanno registrato un forte aumento a seguito di una riduzione delle scorte di petrolio e dell’autoproclamata vittoria di Trump, nonostante un numero ancora elevato di schede da scrutinare. Il petrolio ha reagito positivamente guadagnando il 4% giornaliero e toccando livelli molti alti, data la maggiore vicinanza di Trump all’industria petrolifera rispetto al candidato democratico. Sul concludersi della settimana, invece, con il palesarsi della sconfitta di Trump i mercati hanno perso l’entusiasmo e hanno riportato la quotazione del barile su livelli più contenuti, benchè superiori a quelli di due settimane fa. Il Brent ha chiuso la settimana delle elezioni USA a 39.5 dollari al barile, in aumento di 1.5 dollari, il WTI a 37.1 con 1.4 dollari in più e l’Oman/Dubai a 39.3, con un incremento di 2 dollari.

Grafico 1: Andamento prezzo del petrolio
Andamento prezzo del petrolio

Nei prossimi giorni saranno rilasciate le previsioni sulla domanda e sull’offerta di petrolio dell’Energy Information Administration americana. Sarà dunque interessante osservare quale sarà l’effetto della vittoria elettorale sulla previsione per i prossimi mesi, considerando anche il ritorno a regimi di lockdown per molti paesi Europei.

Guardando invece alle dinamiche di prezzo di lungo periodo, la fine della presidenza Trump pone la necessità di riflessioni anche per il mercato del petrolio. Su questo fronte, il presidente eletto Biden dovrà fronteggiare le seguenti questioni, cavalli di battaglia della precedente amministrazione:

  • le sanzioni ad Iran e Venezuela;
  • i rapporti con l’Arabia Saudita, e quindi con l’OPEC Plus.

In campagna elettore Biden non si è espresso in maniera estesa su questi punti. Dato il suo approccio diametralmente opposto a quello del suo predecessore, è probabile però che egli privilegerà i canali diplomatici piuttosto che utilizzare Twitter come strumento di mediazione nel dialogo con le parti. Ciò accadde, ad esempio, a febbraio 2019, quando Trump segnalò all'OPEC in un tweet che i prezzi del petrolio stavano raggiungendo livelli troppo elevati, e conseguentemente non sostenibili.

Le reazione è stata immediata e le quotazioni hanno segnato una caduta repentina, ma temporanea, di circa tre dollari. A febbraio 2019 i prezzi del petrolio erano però su livelli più alti rispetto ad oggi: il Brent si attestava sui 64 dollari al barile, un livello molto lontano da quello attuale che rasenta la soglia dei quaranta dollari.

Per quanto riguarda le sanzioni, gli osservatori si attendono un rilassamento sulla questione iraniana, tornando quindi sui passi intrapresi dall’amministrazione Obama.
La posizione del neoeletto presidente sul Venezuela non è, invece, ancora chiara; egli apparirebbe favorevole alle sanzioni come strumento di pressione sul governo di Maduro, ma in termini più blandi rispetto alla posizione dell'amministrazione Trump. E’ probabile che il presidente provi ad utilizzare i canali diplomatici per superare l’empasse politica con il paese sudamericano. Nell’eventualità in cui Biden riesca a dialogare e giungere ad un disgelo dei rapporti, sul mercato tornerebbero 3 milioni di barili di greggio al giorno (circa il 3% della produzione globale); alle condizioni attuali questo scenario graverebbe significativamente sul corrente eccesso di offerta, indebolendo ulteriormente il prezzo.

Ulteriore elemento da considerare è la posizione favorevole di Biden all’accordo sul clima di Parigi, dal quale gli USA si sono ritirati nel 2019. Il candidato democratico sostiene infatti la necessità di una transizione verde e di una riduzione delle emissioni, con l’azzeramento entro il 2050 come uno dei temi della campagna elettorale. Rispetto al presidente uscente, Biden riconoscerebbe quindi un ruolo chiave all’industria pulita, promuovendo un’industria più verde con gli USA leader nella transizione; questa nuova posizione della Casa Bianca potrebbe esercitare effetti indiretti anche sull’industria fossile, in termini di risorse ed investimenti.
Dal lato della domanda di petrolio si pone infine la sfida della guerra commerciale con la Cina, driver che ha scosso i prezzi del greggio nel 2019 a causa della ridotta domanda cinese verso gli USA.