Dazi USA sul rame: le ragioni e gli effetti attesi sui prezzi

I mercati finanziari rimangono incerti sull’annuncio di dazi USA sul rame al 50%

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Rame Non Ferrosi Dazi USA Tariffe sulle importazioni

Martedì 8 luglio, il presidente Donald Trump ha annunciato l’intenzione di introdurre un nuovo dazio aggiuntivo del 50% sulle importazioni di rame, con applicazione prevista a partire dal primo di agosto. Non sono però ancora stati pubblicati documenti ufficiali che confermino la misura, né chiarimenti sui codici doganali coinvolti o su eventuali esenzioni o tariffe ridotte per Paesi specifici. In assenza di un nuovo provvedimento, il rame continuerà quindi a beneficiare dell’attuale esenzione da dazi aggiuntivi prevista dall’inclusione nella lista Annex II allegata all’executive order del 2 aprile.

L’ipotesi di introdurre nuovi dazi sul rame, tuttavia, non rappresenta una novità. Già lo scorso febbraio, il presidente Trump aveva incaricato il Dipartimento del Commercio USA di avviare un’indagine per valutare se le importazioni statunitensi di rame potessero costituire una minaccia per la sicurezza nazionale.[1] Tale indagine rientra nelle procedure previste dalla Sezione 232 del Trade Expansion Act del 1962, che permette al governo di introdurre restrizioni commerciali qualora ritenga che l’afflusso di beni dall’estero possa compromettere settori strategici per l’interesse del Paese.
L’obiettivo dichiarato dell’amministrazione resta quello di rafforzare la produzione interna di commodity considerate strategiche, come il rame, e ridurre la dipendenza da un numero limitato di fornitori esteri, che espone il Paese a rischi di vulnerabilità.
I risultati ufficiali dell’indagine non sono stati ancora pubblicati e il rapporto conclusivo dovrebbe essere presentato entro il 22 novembre.

In questo articolo analizzeremo innanzitutto i flussi commerciali relativi alle importazioni statunitensi di rame, per comprendere il contesto che potrebbe aver spinto l’amministrazione USA a valutare l’introduzione di questa nuova misura protezionistica. Successivamente, ci concentreremo sugli effetti che l’annuncio dei nuovi dazi ha già prodotto sui prezzi finanziari del rame, e su quelli che potrebbe avere sui corrispondenti prezzi fisici qualora questa misura protezionistica dovesse effettivamente entrare in vigore.

Analisi delle importazioni statunitensi di rame

Gli Stati Uniti si configurano come un paese importatore netto di rame, con un volume di importazioni nel 2024 di 1.5 milioni di tonnellate, a fronte di esportazioni di appena mezzo milione di tonnellate. Al contrario, risultano esportatori netti di minerali di rame, con esportazioni nel 2024 pari a 8400 tonnellate e importazioni di appena 2600 tonnellate. Gli Stati Uniti sono, infatti, il quarto principale produttore mondiale di minerali di rame, preceduti da Cile, Congo (Kinshasa) e Cina[2].
Soffermandosi sulle 1.5 milioni di tonnellate importate nel 2024, circa un milione riguarda unicamente il rame raffinato greggio non legato, mentre il restante mezzo milione è composto da prodotti derivati e semilavorati come fili, barre, tubi, lamiere e leghe. Tali dati suggeriscono una solida capacità interna di trasformazione e lavorazione del rame, dato che la loro domanda di importazioni dall’estero si concentra prevalentemente sul rame grezzo piuttosto che sui prodotti lavorati.

Concentrazione delle forniture di rame USA

La vulnerabilità della filiera del rame statunitense non dipende solo dal volume complessivo delle importazioni, ma soprattutto dall’elevata concentrazione delle forniture provenienti da parte di pochi paesi esportatori.
Nel grafico seguente si riportano i 10 principali paesi fornitori di rame degli Stati Uniti, espressi in milioni di kg.

Fornitori USA di rame greggio

Dall’analisi del grafico emerge che, nel 2024, gli Stati Uniti hanno importato 650 milione di tonnellate di rame dal Cile, pari a quasi il 70% delle importazioni complessive di rame. Le importazioni dal Canada e dal Perù risultano relativamente marginali se confrontate con quelle dal Cile.
Un’eventuale interruzione delle forniture cilene sarebbe quindi sufficiente a ridurre in modo significativo l’offerta di rame sul mercato statunitense. Tale dipendenza potrebbe aver indotto il governo degli Stati Uniti a valutare l’introduzione di dazi, con l’obiettivo di tutelare maggiormente l’industria nazionale e ridurre la dipendenza dalle importazioni cilene.

La reazione dei mercati finanziari all’annuncio dei dazi USA

Come riportato nell’articolo: Mercati finanziari in attesa dell’entrata in vigore dei dazi USA, martedì 8 luglio, a seguito dell’annuncio di nuovi dazi aggiuntivi del 50% sulle importazioni statunitensi di rame, i prezzi finanziari del rame Comext (CME) sono aumentati di oltre il 13%, mentre quelli quotati alle borse di Londra e Shanghai hanno registrato variazioni giornaliere prossime allo 0%. Nel grafico seguente si riporta un confronto tra i prezzi finanziari del rame quotati al Chicago Mercantile Exchange (CME), al London Metal Exchange (LME) e allo Shanghai Futures Exchange (SHFE), espressi in euro/tonnellata.

Confronto tra i prezzi finanziari del rame, espressi in euro/tonnellata
Confronto tra i prezzi finanziari del rame, espressi in euro/tonnellata

Dal grafico si evidenzia la forte crescita dei prezzi finanziari del rame di Chicago, rispetto a quelli registrati sulle borse di Londra e Shanghai. L’annuncio dei nuovi dazi statunitensi sulle importazioni di rame, fissati al 50%, ha spinto i prezzi del rame CME fino a 10.500 euro/tonnellata, superando di oltre 2.000 euro/tonnellata il prezzo LME e di oltre 1000 euro/tonnellata quello di Shanghai che, a differenza degli altri due prezzi, include al suo interno anche il costo dell’IVA e di altre imposte.
La crescita improvvisa dei prezzi finanziari del rame CME è attribuibile al fatto che gli operatori finanziari non si attendevano che le tariffe statunitensi sul rame potessero essere così elevate. Ciò ha portato a un aumento repentino della domanda del rame CME, in vista dell’imminente introduzione dei dazi, con le scorte nel magazzino Comex che hanno superato complessivamente quelle accumulate al London Metal Exchange (LME) e allo Shanghai Futures Exchange (SHFE).

Pur a fronte di questo ampio divario tra i prezzi del rame quotati al CME e quelli delle borse di Londra e Shanghai, l’aumento dei prezzi sul mercato statunitense non risulta comunque, almeno per il momento, proporzionato all’entità dei dazi annunciati da Trump. Il mercato sembra infatti mantenere un atteggiamento prudente sull’effettiva introduzione di una tariffa così elevata, scontando un rialzo dei prezzi solo parziale rispetto all’entità del dazio previsto.
Le titubanze dei mercati dipendono dal fatto che un rincaro dei dazi di tale entità potrebbe alimentare pressioni inflazionistiche e causare un calo sensibile della domanda interna, complicando ulteriormente le decisioni della Federal Reserve riguardo al prossimo taglio dei tassi d’interesse.

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Effetti sui prezzi fisici di un aumento dei dazi USA sul rame

A parità di altre condizioni, un aumento delle tariffe sulle importazioni statunitensi di rame provoca un rialzo dei prezzi del rame negli Stati Uniti e una diminuzione dei prezzi sul mercato internazionale. Ciò avviene perché le tariffe incentivano i fornitori statunitensi a deviare una parte delle esportazioni originariamente destinate agli Stati Uniti verso altri mercati esteri, riducendo così l’offerta disponibile sul mercato USA e aumentando al tempo stesso la concorrenza all’estero.
L’introduzione di nuove tariffe commerciali sul rame potrebbe quindi portare, per la prima volta nella storia, a una regionalizzazione dei prezzi del rame. Fino ad oggi, infatti, i prezzi del rame hanno rappresentato un classico esempio di mercato globale, in cui le diverse aree regionali presentano livelli e dinamiche di prezzo allineati tra loro. A supporto di tale affermazione, si riporta il confronto grafico delle serie storiche dei prezzi doganali del rame in catodi nelle 3 principali aree economiche mondiali: Unione Europea, Stati Uniti e Cina.

Confronto tra i prezzi doganali del rame, espressi in euro/tonnellata
Confronto tra i prezzi doganali del rame, espressi in euro/tonnellata

In sintesi

L’annuncio dei nuovi dazi sulle importazioni statunitensi di rame è in parte coerente con l’elevata dipendenza degli Stati Uniti, dalle forniture cilene, che incidono per quasi il 70% della domanda estera di rame greggio del Paese. Il governo degli Stati Uniti potrebbe quindi aver valutato l’introduzione di tali dazi per incentivare la produzione interna e ridurre la dipendenza da fornitori esteri come Cile e Canada.
Tuttavia, i mercati finanziari hanno incorporato solo parzialmente nei prezzi l’impatto di un potenziale dazio commerciale del 50%. I prezzi dei future quotati al Chicago Mercantile Exchange risultano superiori “solamente” del 18% rispetto a quelli quotati sul mercato di Londra. Gli operatori restano, infatti, in parte scettici sull’effettiva applicazione di dazi così elevati, perchè questa avrebbe effetti negativi sull’economia statunitense: un aumento dei prezzi interni e un conseguente calo della domanda, che complicherebbe ulteriormente la politica monetaria della Federal Reserve.


[1] Si veda: ADDRESSING THE THREAT TO NATIONAL SECURITY FROM IMPORTS OF COPPER.
[2] Fonte: U.S. Geological Survey (USGS): Mineral Commodity Summaries 2025.