FED e BCE: un altro rialzo dei tassi d’interesse per fermare l’inflazione

Settimanale metalli non ferrosi LME - Commento del 6 febbraio 2023

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LME Non Ferrosi Macroeconomia Analisi settimanale LME

Dinamica settimanale

Andamento non ferrosi

Andamento dei singoli metalli non ferrosi

  • Rame: Nella scorsa settimana i prezzi del rame hanno chiuso in ribasso, leggermente sopra la soglia dei 9.000 $/Ton. Spread tra spot e future è in backwardation.
  • Nichel: Scende anche il prezzo del nichel, che la settimana scorsa ha chiuso a 29.108 $/Ton. Lo spread tra spot e future è in contango.
  • Alluminio: Questa settimana i prezzi dell’alluminio primario sono rimasti stabili rispetto alla scorsa settimana, posizionati sui 2.500 $/Ton. Lo spread tra spot e future è in contango.
  • Alluminio secondario: Ancora stabili a 2.087 $/Ton i prezzi dell’alluminio secondario. Lo spread tra spot e future è in contango.
  • Zinco: Prezzo dello zinco in discesa. La settimana scorsa le quotazioni sono scese oltre i 3.400 $/Ton. Lo spread tra spot e future è in backwardation.
  • Piombo: Seconda settimana consecutiva dei prezzi in calo: la chiusura di venerdì ha visto i prezzi del piombo fermarsi a quota 2.113 $/Ton. Spread in contango.
  • Stagno: In calo anche i prezzi dello stagno, che questa settimana hanno chiuso al di sotto dei 29.000 $/Ton. Lo spread tra spot e future è in backwardation.

Commento Macroeconomico

L’inflazione rallenta ma rimane ancora su livelli inaccettabili per le due principali Banche Centrali dell’Occidente, FED e BCE. E così nei giorni scorsi hanno fatto un altro rialzo dei tassi di 0,25 per la FED e 0,50 per la BCE. Abbastanza prevedibile dai mercati. Perché questa differenza?
Per la FED negli USA il pericolo inflazione resta alto. Per la BCE l’inflazione è troppo alta e le pressioni sui prezzi sono vive e vegete.
Le motivazioni di entrambi i governatori convergono su un punto: l’inflazione è ancora troppo alta e lontana dagli obiettivi. I rialzi continueranno anche per ridurre l’elevata liquidità che c’è in giro (Eurozona in primis). Intanto l’economia globale rallenta, ma non si ferma e mostra una certa resilienza tenuto conto dei cigni neri del 2020-2022. Cina e India, che avranno una crescita più alta di USA e UE, possono spingere i consumi di materie prime e quindi favorire il rialzo dei prezzi.
Il Fondo Monetario Internazionale nel suo ultimo outlook diffuso nei giorni scorsi, delinea un quadro niente affatto drammatico. Se recessione ci sarà, dovrebbe essere breve e poco impattante. I paesi che cresceranno di più nel 2023, sono Cina (5,2%) e India (6,1%). Insieme rappresentano la metà della crescita economica globale, contro un decimo di USA (1,4%) ed Eurozona (0,7%) sommati.
I paesi emergenti cresceranno del 4% con l’Indonesia che raggiungerà il 6,1%. La Russia paga lo scotto della guerra e crescerà di un risicato 0,3% I paesi avanzati mostrano una stima di crescita solamente del 1,2% e il mondo del 2,9%.
Uno dei punti critici per l’economia del 2023 è la crisi che sta interessando le catene mondiale del valore.
La Commissione europea ha rilevato che 34 prodotti considerati strategici (ad esempio materie prime, prodotti chimici e farmaceutici) nella UE sono estremamente esposti alle interruzioni della catena di approvvigionamento, dato il loro basso potenziale di diversificazione e sostituzione all'interno dell'Unione. In termini più generali, si nota che nell’ultimo ventennio le industrie più esposte sono quelle dal settore hi-tech (apparecchiature per la comunicazione, computer, semiconduttori e componentistica) e quelle caratterizzate da alta intensità di manodopera (come nel settore tessile/abbigliamento).
Pandemia e guerra non hanno fatto altro che evidenziare ancora di più la vulnerabilità delle global value chains e i limiti di un approccio basato su catene di fornitura globali sbilanciate verso lo sfruttamento dei differenziali di costo nella produzione.

Conclusioni

La politica monetaria restrittiva delle Banche Centrali continuerà.
Guardando i dati dell’FMI si può notare chi cresce di più (Asia) e chi cresce di meno (Usa, UE, Russia).
Che l’economia globale rallenti o acceleri, il commercio mondiale è fondamentale per lo sviluppo delle aziende, soprattutto di quelle manifatturiere impegnate sia ad importare materie prime e/o semilavorati che servono alle loro produzioni, sia ad esportare prodotti finiti. E quindi l’affidabilità e la stabilità delle supply chains sono fondamentali per ottenere e mantenere un vantaggio competitivo sui mercati internazionali. Le aziende ne sono consapevoli e si sono progressivamente adattate agli shock esogeni adottando strategie, talora combinate, di re/friend/near-shoring.

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La reazione dei mercati


Variazioni dei principali indici rispetto alla scorsa settimana

CRB Index: in calo.
GSCI Index: in calo.
BDI Index-Noli marittimi: in calo.
Petrolio Brent: in calo.
Gas naturale TTF: stabile.
LMEX-Metalli non ferrosi: in calo.
Dollar Index: in aumento.