FMI: crescita globale in frenata. L’impatto sui prezzi delle commodity

Settimanale metalli non ferrosi LME - Commento del 31 gennaio 2022

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LME Non Ferrosi Analisi settimanale LME

DINAMICA SETTIMANALE

Andamento non ferrosi

 

La settimana scorsa è proseguita la corsa dei prezzi dei metalli non ferrosi, alcuni dei quali hanno registrato i massimi assoluti, come lo stagno, che si è spinto oltre quota 43000 $/ton. La quotazione dell’indice LMEX è salita a 4767 $, nuovo massimo di sempre. L’indicatore di momentum che misura la forza del trend in atto è vicino alla zona ipercomprato. La chiusura settimanale è sopra le medie mobili a 10, 20 e 40 giorni. Nel complesso ne deriva un’indicazione rialzista per il breve termine.

COMMENTO MACROECONOMICO E PROSPETTIVE

Il mese di gennaio 2022 ha registrato un generale rialzo dei prezzi delle commodity rispetto alle quotazioni di fine 2021. Nel comparto dei metalli si sono registrati nuovi massimi pluriennali. Nell’ultima settimana, tuttavia, il rialzo ha perso un po’ di slancio. Le ragioni sono diverse e sono prima di tutto di natura macroeconomica.

Nel suo ultimo Outlook, il Fondo Monetario Internazionale (FMI) prevede una frenata della crescita economica negli Stati Uniti, in Cina e nell’Unione Europea, e un aumento dell’inflazione su scala mondiale.

A causa della variante omicron, si stima una crescita economica globale, nel 2022, del 4.4%, invece del 4.9%. L’inflazione, invece, sarà più persistente del previsto e potrebbe tornare a scendere solo a partire dal 2023. Tale scenario, oltretutto, potrebbe essere ulteriormente indebolito dall’eventualità di nuove varianti covid o da criticità che potrebbero intervenire nella supply chain – già in difficoltà.

Secondo gli economisti dell’FMI, le difficoltà nella distribuzione delle merci hanno ridotto dello 0.5-1% il PIL mondiale nel 2021 e hanno fatto salire dell’1% l’inflazione, rappresentando un’ipoteca sulle prospettive di crescita.

A queste incognite, che accompagnano l’economia dalla comparsa del covid, si sono aggiunte la volatilità dei prezzi dell’energia e le tensioni geopolitiche. In particolare, i rischi di conflitto in Ucraina.

La fiammata dei prezzi ha costretto la Federal Reserve ad accelerare la normalizzazione delle politiche monetarie – è negli Stati Uniti, del resto, che i rischi di inflazione sono più consistenti: il calo della disoccupazione è accompagnato da un aumento degli stipendi, che potrebbe riversarsi sui prezzi.

Sono state riviste al ribasso anche le stime sulla crescita cinese: dopo l’8.1% del 2021, il Dragone quest’anno frenerà al 4.8% (–0.8% rispetto alle previsioni di ottobre). Pechino sconta la crisi immobiliare e la politica zero-covid, che prevede restrizioni severe alla minima ricomparsa di contagi.

Per l’economia globale, la crisi immobiliare cinese e la sua politica zero-covid sono due incognite. Quest’ultima potrebbe esacerbare le difficoltà nelle catene globali di approvvigionamento e logistica. Dall’altro lato, se la crisi dell’immobiliare si espandesse ad altri settori, le ripercussioni sarebbero ampie.

Anche l’Eurozona ha subito l’impatto della variante omicron. La correzione è forte soprattutto per la Germania, più esposta agli shock sulle supply chain. Il PIL europeo dovrebbe crescere del 3.9% (–0.4 %). Per l’Italia la stima è del 3.8%.

Quale impatto le previsioni dell’FMI riviste al ribasso potranno avere sui prezzi delle commodity? È ancora presto per dirlo, perché sul breve termine la domanda resta generalmente alta e maggiore dell’offerta, soprattutto per gli energetici.

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LA REAZIONE DEI MERCATI
CRB Index-Commodity in generale: in rialzo.
BDI Index-Noli marittimi: in ribasso.
Container Index: in ribasso.
ETS-CO2: in rialzo.
Petrolio: Brent e WTI in rialzo.
Gas naturale: in rialzo.
Costo energia Italia: in rialzo.
Costo energia Germania: in rialzo.
LMEX-Metalli non ferrosi: in ribasso.
Acciaio CRC e HRB World: in ribasso i piani, in rialzo i lunghi.