La quotazione della soia perde quanto guadagnato nella seconda metà del 2019

L’accordo USA-Cina attenua gli effetti della debolezza della domanda da coronavirus

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Alimentari Determinanti dei prezzi

Così come quasi tutte le commodity, anche la quotazione CME mensile in dollari della soia continua a perdere valore ad aprile, cumulando, da gennaio, una perdita complessiva del -8% circa e attestandosi ad aprile sui 310 dollari per tonnellata.

Quotazione Soia spot (CME)

Quotazione Soia spot (CME)

Occorre ricordare che la soia è stata una delle commodity cardine attorno alla quale si sono sviluppate le controversie commerciali di quella che viene ormai comunemente definita “war trade” o “guerra dei dazi” tra le super potenze USA e Cina. La dinamica del prezzo finanziario della soia descrive il susseguirsi delle fasi dello scontro, a partire dall’introduzione delle tariffe. A giugno del 2018, momento in cui entrarono in vigore le tariffe, il prezzo della soia registrò un crollo del -9%, a cui seguì un’altra variazione negativa di simile intensità nel mese successivo: in due mesi il valore della soia passò da 375 a 313 dollari. Tra la seconda metà del 2018 e la prima del 2019 furono intavolate una serie di discussioni tra i due paesi per sciogliere i nodi e provare a trovare un accordo. Gli stessi produttori statunitensi – gli stessi americani che il presidente intendeva difendere -, colpiti duramente dai provvedimenti di Pechino, speravano in una tregua o addirittura in una risoluzione definitiva delle tensioni. In questo periodo si sono avuti dei rimbalzi, che corrispondevano alle promesse di un accordo imminente da parte dell’amministrazione presidiata da Trump che finivano poi per sfumare di fronte ai rifiuti cinesi. Nella seconda metà del 2019 la possibilità di una tregua è diventata sempre più concreta e sono state di fatto ridotte o in parte annullate le tariffe su alcuni prodotti. In questo periodo il prezzo della soia ha cominciato a recuperare terreno: dopo il minimo (in 12 anni) di maggio 2019 il prezzo ha cominciato a guadagnare valore, ed è passato da 305 a 337 dollari di gennaio 2020. La debolezza della domanda derivata dal diffondersi del coronavirus, nonostante gli accordi tra le due super potenze, ha di nuovo depresso il prezzo, il quale è prossimo ai livelli di minimo dello scorso maggio.

Il valore strategico della soia risiede nel fatto che gli USA sono il primo produttore mondiale e la Cina il primo importatore di soia made in USA. La Cina dunque per rispondere alle misure tariffarie di Washington decise di imporre i dazi sull’import di soia statunitense. La Cina, in rispetto degli accordi, comprerà soia americana ma i volumi non sembrano essere paragonabili a quelli antecedenti alla guerra dei dazi (2017), anche alla luce delle nuove tensioni delle scorse settimane.Non va dimenticato che i produttori agricoli stessi costituirono, nel 2016, la base elettorale di Trump, il quale concluderà il mandato il prossimo novembre, momento in cui si rimetterà al voto dei cittadini statunitensi. In questo contesto, secondo quanto riportato da Bloomberg e Reuters (“U.S. to favor soybeans in trade war aid for farmers: Bloomberg”), l’amministrazione di Trump sta considerando la possibilità di ampliare il sussidio diretto ai produttori di soia, con il rischio di innerscare una reazione secondo cui gli agricoltori determinerebbero le loro scelte di semina non sulla base della domanda ma dei sussidi previsti dal governo, distorcendo gli equilibri di mercato. Washington sembrerebbe intenzionata a iniettare tra i 15 e 20 miliardi di dollari per assicurarsi di sostenere gli agricoltori (lo scorso anno ha erogato 12 miliardi). Anche U.S. Department of Agriculture (USDA), preoccupato da questa possibilità, sta esortando i produttori a rivolgere le proprie scelte sulla base dei segnali del mercato e non sulla possibilità di ricevere i sussidi. Comportamenti di questo tipo condurrebbero ad una sovrapproduzione, deprimendo ulteriormente il prezzo internazionale di questa commodity.

E’ possibile affermare che su questa commodity, dalla elasticità piuttosto rigida (i beni alimentari sono difficilmente sostituibili con altri beni similari), la guerra dei dazi ha sicuramente avuto un impatto maggiore, ad oggi, di quello del coronavirus, nonostante quest’ultimo, avendo natura differente, potrebbe ripercuotersi con più intensità nel medio-lungo periodo.