L’impatto del panic shopping sui prezzi delle materie prime alimentari

Grano e riso sull’onda di restrizioni commerciali, cedono latte e mais

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Alimentari Congiuntura

I mercati delle materie prime sembrano rispondere in maniera differente agli effetti del coronavirus, distinte dinamiche si registrano non solo tra le diverse merceologie ma anche all’interno di queste. In linea generale, l’indice dei prezzi delle materie prime, esclusi gli energetici, registra una lieve flessione rispetto allo scorso mese, come analizzato la scorsa settimana. Questo andamento è spiegato dal fatto che alcuni beni sono ritenuti strategici e/o necessari, per cui la domanda, in parte, riesce a sostenerne il prezzo. Un esempio è il comparto degli alimentari. Rispetto allo scorso mese l’indice degli alimentari registra una relativa stabilità, questa dinamica è dovuta da movimenti contrapposti dei vari prodotti di cui è composto l’indice. Infatti i beni alimentari stanno reagendo in maniera differente a seconda delle specificità del singolo mercato di riferimento.

Nella filiera alimentare chi sta risentendo in maniera importante dell’impatto del COVID-19 è il settore della logistica. Nel brevissimo periodo la mancanza di trasporto aereo e la carenza di personale causa delle importanti interruzioni nella consegna di alimenti, specialmente quelli freschi.
Nel lungo periodo ad impattare su questa filiera potrebbe essere la mancanza di manodopera nel settore della semina e della raccolta che potrebbe causare carenze di offerta e un aumento dei prezzi nella catena di base degli alimentari. Ad esempio in India il lockdown ha rimandato a casa molti lavoratori, lasciando aziende agricole e mercati a corto di forza lavoro nella filiera del grano.

Tornando in un’ottica di breve periodo, le attuali preoccupazioni sono rivolte anche alle limitazioni commerciali imposte dai governi, come politiche protezionistiche. L'imposizione di restrizioni da parte dei governi potrebbe interrompere la catena di approvvigionamento alimentare. Ad esempio le recentissime politiche protezionistiche della Russia, quote alle esportazioni di grano, per proteggere la propria disponibilità alimentare. Le restrizioni si applicano a grano, mais, orzo e segale e sono pari a 7 milioni di tonnellate di esportazioni tra aprile e giugno. Dalle restrizioni sono esclusi i paesi dell’unione doganale che la Russia ha istituito con Kazakistan e Bielorussia. Le restrizioni russe però potrebbero non causare troppo panico sul mercato della filiera dei cereali, infatti la quota presa in considerazione è abbastanza ampia da far sì che le spedizioni di grano continuino a fluire normalmente. Le politiche commerciali sono mirate a proteggere il mercato interno e a contenere il prezzo del grano, dato che recentemente i prezzi domestici sono aumentati a causa della debolezza del rublo che ha reso le forniture più allettanti per gli acquirenti esteri (fonte Sole24Ore).
Intanto anche l'Ucraina sta valutando se limitare l'esportazione di grano, di cui è il quinto esportatore mondiale, mentre il Vietnam ha sospeso le esportazioni di riso, di cui è il terzo fornitore al mondo dopo India e Thailandia (fonte ExportPlanning).

Il grafico che segue riporta le quotazioni giornaliere al Chicago Mercantile Exchange (CME) dei prodotti appena menzionati e di un altro bene chiave nella filiera alimentare, il mais.

Grafico 1: Quotazione giornaliera del grano, mais e riso
Quotazione giornaliera del grano, mais e riso

Dal grafico emerge che grano e riso sembrano registrare lo stesso repentino aumento nel mese di marzo, in conseguenza alle limitazioni commerciali e all’aumento della domanda di questi prodotti.
Il grano attualmente è trattato sui 210 dollari alla tonnellata, a fine marzo ha raggiunto picchi di movimenti giornalieri intorno al +5%, il massimo è stato raggiunto il 19 marzo con una variazione giornaliera pari +5.3%. Anche la quotazione del riso a metà marzo ha registrato la variazione massima giornaliera, registrando un aumento pari a +3.8%. Attualmente il riso è quotato sui 290 dollari alla tonnellata, tale valore non si registrava da 2014.
Viceversa il prezzo del mais sembra registrare una lieve flessione, questo perché il mais risente della caduta del comparto degli Energetici dato il suo ampio uso nella produzione di biocarburante. La quotazione al CME sta diminuendo da febbraio, nell’arco degli ultimi due mesi ha perso circa il -6%.

Non solo il comparto dei cereali sembra avere accusato gli effetti del coronavirus, la quotazione del latte al CME ha registrato una forte caduta nel mese di marzo e nei primi giorni di aprile, come emerge dal grafico che segue.

Grafico 2: Quotazione giornaliera del latte
Quotazione giornaliera del latte

Il grafico mostra che il prezzo del latte già si trovava in un periodo di flessione iniziato a fine 2019, da novembre ad oggi la quotazione del latte ha registrato una diminuzione pari al -20%. Attualmente il latte è trattato sui 270 dollari alla tonnellata. La variazione negativa più forte è stata registrata ad inizio aprile con una variazione giornaliera pari al -10%.
La flessione potrebbe continuare dato il calo della domanda ed un eccesso di offerta sul mercato. In conseguenza alla diminuzione della domanda, negli USA i produttori sono costretti a gettare via molti litri di prodotto: il latte non è un bene che si può conservare per un periodo molto lungo, è altamente deperibile e non si può congelare come avviene per altri prodotti alimentari. Una volta raggiunta la capacità massima di stoccaggio il prodotto va buttato.
Il dumping è stato causato da un blocco nel settore della logistica. La chiusura di ristoranti e scuole ha costretto ad un repentino passaggio dai mercati all’ingrosso di servizi di ristorazione a negozi alimentari al dettaglio, creando problemi logistici e di imballaggio per gli impianti di lavorazione di latte, burro e formaggio.
Questo dumping si inserisce in un momento in cui la domanda dei consumatori di prodotti caseari è aumentata, panic shopping, lasciando molti punti vendita al dettaglio allo scoperto (fonte Reuters).