Prezzo del rame: tra incertezza della domanda e restrizioni dell'offerta

Gli effetti sull'offerta internazionale di minerale di rame dovuti alla crescita dell'export peruviano

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Non Ferrosi Determinanti dei prezzi

Il rame, considerato il principale tra i metalli non ferrosi, indicato come il “termometro” del ciclo economico mondiale, nell’ultimo anno ha dovuto fronteggiare da un lato la contrazione della domanda (guerra commerciale USA-Cina e tensioni USA-Iran) e dall’altro gli shock negativi nell’offerta (scioperi in Cile e Perù).

L’analisi grafica del prezzo mensile del rame spot in dollari quotato al London Metal Exchange evidenzia come la dinamica abbia registrato tempestivamente sia le tensioni geopolitiche (estate 2018) che le importanti riduzioni nella produzione cilena e peruviana (inizio 2019).

Grafico 1: Prezzo rame spot LME

Prezzo rame spot LME

Considerando la dinamica di medio periodo, si evidenzia come il rame non abbia ancora interrotto il trend negativo iniziato un anno fa e che lo ha portato ad un cambio di livello, passando da quasi 7000 dollari per tonnellata dello scorso giugno agli attuali livelli inferiori ai 6000 dollari.
Come già affermato in un precedente articolo, analizzando la dinamica di breve periodo, si nota come le flessioni, dovute prima all’inizio della guerra commerciale tra luglio e settembre, poi al mancato accordo tra novembre e dicembre e ancora tra aprile e maggio, siano state intervallate da brevi riprese. Il primo rimbalzo tra settembre e ottobre ha riguardato aspettative di ripresa della domanda in linea con un allora prossimo accordo USA-Cina poi sfumato. Il secondo rimbalzo, più intenso rispetto al primo, si è avuto tra gennaio e marzo contestualmente alla riduzione della produzione cilena (obsolescenza impianti estrattivi) e peruviana (scioperi a Las Bambas) e allo stimolo della domanda cinese, sostenuta da investimenti infrastrutturali.

In un recente articolo di Reuters si sottolinea come il prezzo del rame spot del LME abbia recentemente risentito dell’inasprirsi dei rapporti tra Washington e Teheran, finendo per minimizzare i guadagni dalla contrattazione di futures. Secondo Reuters, la contrazione del prezzo è stato però limitata dal riaprirsi dei dialoghi in vista dell’agognato accordo USA-Cina, dal taglio degli interessi da parte della FED e dal proseguo degli scioperi nell’impianto cileno di Chuquicamata1, la miniera a cielo aperto più grande al mondo.
Le sorti degli impianti cileni sono seguite da vicino da tutti i soggetti economici che operano sul mercato delle commodity, poiché, nonostante i ripetuti scioperi e l’ obsolescenza degli impianti, il Cile rimane, ad oggi, il leader mondiale del minerale di rame, con una produzione di 5,8 milioni di tonnellate di rame equivalente (United States Geological Survey) ed un livello di esportazione di minerali prossimi a 9 milioni di tonnellate.
Interessano, e non poco, anche le sorti dell'industria peruviana che sta insediando la leadership all'industria cilena, soprattutto dal lato delle esportazioni.
Avviando l’animazione del grafico a barre orizzontali proposto di seguito, è possibile visualizzare l’evoluzione delle esportazioni internazionali dall’inizio millennio al 2018.


Ciò che si palesa è la crescita esponenziale delle esportazioni peruviane nell’ultimo decennio. Nel 2016-2017, la quantità di minerale esportato dal Perù ha addirittura superato quella cilena, giungendo a 8,6 milioni di tonnellate, nel 2017, contro le 8,3 milioni di tonnellate del Cile. Nel 2018 il Cile ha però riconquistato la testa della classifica superando l’esportazione peruviana di quasi un milione di tonnellate.

Dal 2007 il Perù ha conquistato la seconda posizione tra gli esportatori di minerale di rame, accrescendo di anno in anno le quote di mercato ed attestandosi come reale antagonista per la leadership del Cile sul mercato internazionale. La diversificazione dell’offerta di rame favorisce una maggiore stabilità dei prezzi, riducendo l’impatto degli shock negativi nella produzione che interessano singoli impianti, come nel caso della miniera di Chuquicamata.


(1) I rappresentanti dei lavoratori hanno riferito che non accetteranno le condizioni offerte da Codelco e che lo sciopero proseguirà, non potendo prescindere da miglioramenti nelle condizioni di health care, uguaglianza tra i lavoratori e benefit pensionistici. Per Codelco l’offerta presentata è “seria, responsabile e realistica” considerata l’incertezza della domanda legata alla disputa USA-Cina.