Il G7 di Hiroshima dice sì a nuovi investimenti nel gas fossile

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Gas Naturale

Alla chiusura di venerdì 19 maggio sul mercato del gas naturale si sono registrati i seguenti livelli di prezzo1:

  • TTF Olanda 30.2 €/MWh (-2.6 €/MWh)
  • HenryHub USA 7.5 €/MWh (+0.4 €/MWh)
  • NBP Regno Unito 27.1 €/MWh (-3 €/MWh)
  • JKM Asia 31.3 €/MWh (-3.5 €/MWh)
  • PSV Italia 33.4 €/MWh (-4.8 €/MWh)

Grafico 1: Andamento prezzo del gas naturale TTF e confronto tra i mercati finanziari

La scorsa settimana è stata caratterizzata da una generale stabilità dei mercati, supportati dall'aumento dei livelli degli stoccaggi. Venerdì il contratto TTF di giugno si è infatti assestato a € 30.2 €/MWh. L’obiettivo prioritario risulta essere quello di raggiungere il 90% della capacità entro ottobre 2023.
Domenica si è concluso il vertice del G7 in Giappone con una decisione in controtendenza rispetto a quanto assistito negli ultimi tempi. L’Italia e gli altri partecipanti al summit di Hiroshima hanno infatti dato il via a nuovi investimenti sul gas. Il dietrofront è stato motivato dalla guerra in Ucraina e dalla necessità di svincolarsi dagli idrocarburi russi.
L’obiettivo è quello di espandere l’estrazione e il commercio di gas, soprattutto in forma liquefatta. Nel comunicato, infatti, si legge che nella circostanza eccezionale di accelerare l’eliminazione dalla dipendenza dall’energia russa, gli investimenti pubblici nel settore del gas possono essere adottati come risposta temporanea, in base a circostanze nazionali chiaramente definite, se attuati in modo coerente con gli obiettivi climatici, ad esempio garantendo che i progetti siano integrati nelle strategie nazionali per lo sviluppo di idrogeno a basse emissioni di carbonio e rinnovabili. Il riferimento a gasdotti dual-use per trasportare anche idrogeno è una formula ampiamente usata in questi anni per giustificare la creazione di nuove infrastrutture del gas.
Non sono comunque mancate proteste da parte della società civile, con le principali ONG ambientaliste critiche sulla decisione presa.

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Petrolio

Venerdì il Brent è stato quotato a 75.6 $ al barile, registrando un aumento rispetto alla settimana precedente di +1.4 $, il WTI ha chiuso a 72.8 $ al barile, registrando un aumento di +2.8 $ e infine l’Oman/Dubai che ha registrato un livello di 73.9 $ al barile, con un aumento di +1.3 $.

Grafico 2: Andamento prezzo del petrolio

I principali benchmark petroliferi, nonostante la chiusura in positivo rispetto al venerdì precedente, hanno aperto la settimana in leggero calo.
Ciò poiché la cautela sui colloqui per l’innalzamento al tetto del debito degli Stati Uniti e le preoccupazioni per la ripresa della domanda in Cina hanno compensato la spinta proveniente dalle minori forniture dal Canada e dai produttori dell’OPEC+.
La ripresa dei negoziati sul tetto del debito degli Stati Uniti rimarrà pertanto un fattore chiave questa settimana. Il motivo di tanta apprensione sul legame debito Usa e quotazioni del greggio è semplice: gli Stati Uniti risultano ad oggi il più grande consumatore mondiale di petrolio. La questione di un potenziale default Usa sta diventando cruciale per tutti i settori di mercato, poiché il rischio che la prima potenza mondiale si ritrovi senza liquidità sufficiente per adempire ai propri obblighi di pagamento aumenta di giorno in giorno.

Carbone Termico

Infine, venerdì il carbone termico spot Europa è stato quotato a 109.8 €/Ton, stabile rispetto alla scorsa settimana, mentre il prezzo del carbone termico spot Australia ha chiuso a 150.1 €/Ton, registrando una flessione pari a -1.3 €/Ton.

Grafico 3: Andamento prezzo del carbone termico Europa

Nelle scorse settimane il carbone europeo è sceso sotto i 130 euro a tonnellata grazie al calo della domanda di energia elettrica e dei prezzi del gas che hanno frenato l'uso del combustibile in questione. Le centrali termoelettriche ora prediligono il gas rispetto al carbone, mentre le forti importazioni di GNL proveniente dagli USA hanno incrementato il livello delle scorte e migliorato le prospettive di sicurezza energetica. Si tratta di un cambiamento importante rispetto al 2022, quando la Germania ha bruciato carbone al ritmo più veloce degli ultimi sei anni dopo che la Russia ha tagliato i flussi di gas verso l'Europa.
Lato extra-UE: le esportazioni di carbone in Cina dall’Australia nel mese di aprile sono tornati ai livelli precedenti al divieto non ufficiale imposto da Pechino nel settembre 2020, dopo che l'Australia aveva sostenuto una richiesta di inchiesta internazionale sul modo in cui la Cina avesse gestito l'epidemia di COVID all'inizio del 2020.
L’Australia, che prima del blocco era il secondo più grande fornitore di carbone per la Cina, sta recuperando parte della sua quota di mercato persa a favore di fornitori tra cui Russia e Mongolia. Gli importatori cinesi hanno infatti approfittato del calo dei prezzi del carbone australiano, che ad oggi si trova a 155 €/Ton, 12% in meno rispetto al mese precedente (175 €/Ton).


1. Il prezzo del gas naturale nei diversi mercati finanziari fa riferimento al prezzo registrato venerdì 19 maggio 2023. Il valore in parentesi indica la differenza con il venerdì precedente.