Prezzo del petrolio e effetto Cina: inversione di tendenza?

La scorsa settimana il prezzo del petrolio ha segnalato una relativa debolezza

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In queste ore l’Unione Europea ha mostrato un forte segnale di coesione: dopo mesi di trattative il Recovery Fund, piano di aiuti a sostegno delle economie europee colpite dalla pandemia Covid-19, è stato approvato. In un budget di 750 miliardi di euro, saranno corrisposti all’Italia 209 miliardi, corrispondenti a circa il 28% delle risorse.
Alla dirompente notizia dell’accordo, il prezzo del petrolio ha risposto distaccandosi dalla chiusura negativa di venerdì 17 luglio e sfondando la soglia dei 40 dollari al barile. A poche ore dall’approvazione del piano, il Brent ha sfiorato i 45 dollari al barile e il WTI i 43, segnando il massimo dall'inizio della pandemia.

Il rialzo si inserisce a seguito di una settimana relativamente negativa. La scorsa settimana, infatti, la quotazione del greggio ha perso qualche punto in vista del vertice per l’approvazione del Recovery Fund: la situazione di stallo aveva condotto ad una relativa debolezza del prezzo del petrolio. Venerdì scorso, rispetto alle due settimane precedenti, il Brent si è attestato intorno ai 43.2 dollari al barile (-$0.1), il WTI a 40.6 ($0.04) e l’Oman/Dubai a 42.2 ($0.03).

Andamento prezzo del petrolio
Andamento prezzo del petrolio

Oltre allo stallo sul fronte europeo, un altro fattore potrebbe contribuire a spiegare le recenti tensioni sul prezzo del petrolio, ovvero l’influenza ribassista che sta esercitando la Cina.
In questi mesi di pandemia il paese ha continuato ad importare greggio, accumulando ingenti scorte che ora si appresta a rivendere. La mossa cinese è stata quella di approfittare del basso prezzo per comprare, ma ora che i magazzini sono quasi saturi gli acquisti hanno rallentato, per procedere con le vendite. In particolare, gli acquisti sono calati nelle recenti settimane, dopo i record registrati nei mesi di maggio e giugno: a giugno le importazioni sono aumentate del +34.4% rispetto al corrispondente periodo del 2019 (fonte: Sole24Ore).
In un articolo del Sole24Ore si legge che gli acquirenti delle scorte cinesi sarebbero per la maggior parte stranieri. La particolarità della situazione risiede nel fatto che la Cina che, fino a qualche tempo fa, costituiva il motore della ripresa del prezzo del petrolio, stimolandone la domanda, ora si trova ad esercitare un’influenza ribassista sul prezzo.