Non solo Corona Virus, anche le tensioni dal lato dell'offerta influenzano il prezzo del petrolio

La situazione in Venezuela e quella in Libia provocano tensioni al mercato del petrolio

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Il prezzo del petrolio segnala una ripresa rispetto a due settimane fa, tornando in backwardation. La quotazione del Brent ha chiuso la settimana a 58.5 dollari (+1.2 dollari), il WTI a 53.4 (+1.3) e l’Oman/Dubai a 56.7 (+0.50).

Grafico 1: Andamento prezzo del petrolio
Andamento prezzo del petrolio

Venerdì c’è stata un’interruzione della ripresa delle quotazioni del petrolio, il valore giornaliero ha registrato una diminuzione pari al -1.3%. Questa dinamica è legata alla paura di aumento del numero di contagi da corona virus nel mondo. L’Italia è il terzo paese al mondo per numero di contagi, dopo Cina e Corea del Sud, il numero si attesta intorno a 270. Questo repentino aumento è dovuto ad un controllo più stringente sui pazienti con sintomi da influenza.

La settimana scorsa il recupero del prezzo del barile ha ricevuto un certo sostegno grazie alla sostanziale riduzione del numero di nuovi contangi e un aumento di quello dei guariti. Il 24 febbraio erano rispettivamente 883 e 2475. Il grafico che segue ne riporta i valori giornalieri e mostra che il numero dei guariti ha superato quello dei nuovi contagiati.

Grafico 2: Numero dei nuovi contagi e guariti giornalieri

A sostenere questo clima di parziale ottimismo, domenica scorsa il presidente cinese Xi Jinping ha dichiarato che il paese adotterà delle misure straordinarie per cercare di attutire il colpo all'economia globale dallo scoppio del virus.

Non solo il corona virus, la settimana scorsa a sostenere i prezzi del petrolio ci sono stati anche dei fattori che influenzano l’offerta: maggiori tensioni in Libia e Venezuela. La guerra in Libia continua, nelle settimane scorse ci sono stati attacchi da parte delle milizie di Haftar che hanno causato la sospensione dei voli dell’aereoporto di Mitiga, l’unico funzionante a Tripoli. Il conflitto libico ha provocato anche un blocco dei porti e dei campi petroliferi.

Inoltre ci sono state delle sanzioni statunitensi a un'unità commerciale del colosso petrolifero russo Rosneft, per i suoi legami con la compagnia di stato petrolifera venezuelana (PDVSA). L’economia "petrolcentrica" venezuelana si trova in grave in crisi. Nel 2019 ha subito una flessione pari al -30%. Inoltre la produzione di petrolio sta cadendo altrettanto a picco, lo scorso anno il paese ha prodotto circa 0.8 milioni di barili al giorno (-44% rispetto al 2018).
Inoltre si paventa che Maduro voglia vendere la compagnia di stato PDVSA a compagnie stranierie, come Rosneft, la spagnola Repsol e l’italiana Eni.
Paesi vicini al Venezuela hanno comunque sostenuto l’economia comprando petrolio, Russia in primis e anche Cuba (fonte ISPI).
La grave situazione economica del paese sudamericano deriva da una profonda instabilità politica. A inizio gennaio l’Assemblea Nazionale 1 ha eletto Parra, come presidente in sostituzione di Guaido, quest’ultimo lo ha definito un colpo di stato. La carica è sorretta dalle forze a sostegno di Maduro. Attualmente quindi in Venezuela ci sono due personalità che si dichiarano legittimi presidenti (Maduro e Guaido) e due presidenti dell’Assemblea Nazionale.


(1) L’assemblea nazionale è il parlamento unicamerale del paese sudamericano.