Cinque giorni per far esaurire la corsa al petrolio

Il raid a Soleimani sembra ormai un ricordo lontano, torna a pesare la guerra commerciale

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Nel breve periodo l’incertezza sui mercati legata ad una possibile carenza mondiale di petrolio in conseguenza alle dinamiche internazionali sembra essere rientrata, una nota distensiva nelle operazioni militari da parte degli USA e dall’Iran è arrivata mercoledì pomeriggio. Anche se in alcune zone la situazione geopolitica rimane tesa: l’Iran ha ammesso di aver abbattuto, per errore umano, l’aereo dell’Ukraine International Airlines, Trump ha annunciato nuove sanzioni contro la Repubblica Islamica (questa volta riguarderebbero le esportazioni di metalli) ed infine c'è stata l'intensificazione della guerra civile in Libia. Il generale Haftar con le sue milizie infatti ha conquistato nuovi spazi, anche se terzi parti provano a sedare il conflitto. Dopo il mancato incontro presiediuto dal governo italiano tra il generale e al-Sarraj, Putin è intervenuto cercando di mediare tra le due parti. Sabato scorso Haftar ha accettato la tregua promossa dalla Russia, già precedentemente accettata da al-Sarraj, che è scattata domenica. Reuters però segnala che questa tregua sarà dura da tenere date le recenti tensioni.

In questo anno di guerra la Libia però non ha arrestato la produzione di petrolio, che è rimasta relativamente stabile.
L’Iran invece ha la produzione ai minimi storici e le esportazioni mondiali sono molto basse, nel terzo trimestre 2019 erano pari a 2 miliardi di dollari, con una variazione tendenziale pari al -88% (grafico 1).
L’Iraq, terriorio di battaglia tra Usa e Iran, sta attraversando una situazione di politica interna instabile con un governo filo iraniano e protestanti che chiedono nuove elezioni. Nonostante gli sconquassi interni la produzione è rimasta relativamente stabile; non solo nel corso dello scorso anno l’OPEC+ aveva ammonito l’Iraq perché non stava seguendo le politiche di tagli alla produzione.
Dall’altra parte del mondo invece c’è il Venezuala che ha una produzione ai minimi storici e livelli di esportazione molto bassi, nel terzo trimestre 2019 pari a tre miliardi di dollari, con una variazione tendenziale -65% (grafico 2).

Grafico 1: Tasso di variazione tendenziale delle esportazioni iraniane nel mondo
Grafico 3:Tasso di variazione tendenziale delle esportazioni venezuelane nel mondo

Come sopra anticipato, sul mercato del petrolio l’incertezza nel breve periodo sembra essere rientrata. A fine settimana la questione mediorientale e quella libica sembrano tornare in secondo piano: il mercato segnala una relativa stabilità sulla scia del clima positivo per un’intesa sulla guerra commerciale tra Usa e Cina. Mercoledì 15 gennaio le superpotenze dovrebbero firmare la “Fase Uno” dell’accordo sulla tregua commerciale.
In questo contesto, venerdì scorso le quotazioni del greggio tornano sui livelli precrisi USA-Iran. Il Brent chiude a 65 dollari al barile (-3.62 dollari al barile), il WTI a 59 (-4) e l’Oman/Dubai a 63.1 (-1.8).

Grafico 3: Andamento prezzo del petrolio
Andamento prezzo del petrolio

Dal grafico 3 emerge che il prezzo del petrolio è rimasto su livelli elevati fino a martedì, giorno della contromossa iraniana contro gli USA, quando il Brent e il WTI hanno registrato picchi intragiornalieri rispettivamente di 70 e di 65 dollari. L’Iran ha risposto al raid a Soleimani nella notte fra il 7 e l’8 gennaio, con dei missili balistici che hanno colpito una base aerea americana a Erbil, nel Kurdistan iracheno, e una a Ayn al-Asad, centro della comunità arabo-sunnita.
Il giorno dopo l’attacco, c’è stata la dichiarazione di distensione militare tra le due controparti e le quotazioni del petrolio hanno subito un forte ribasso pari a -3 dollari al barile.