Il prezzo del carbone e il lento processo verso la decarbonizzazione

Rallentamento della domanda e aumento dell’offerta fanno diminuire il prezzo del carbone

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Energetici Congiuntura

Alla luce delle odierne preoccupazioni sul clima e della volontà di intraprendere il processo di decarbonizzazione sembra che il mercato dei combustibili fossili, in particolare quello del carbone, sia arrivato al capolinea. Le energie rinnovabili e il processo verso sempre un maggiore utilizzo del gas naturale, il combustibile fossile con minore impatto ambientale, dovrebbero sostuire i combustibili più inquinanti. I dati però non sembrano confermare perfettamente questa narrazione.
In questo articolo si analizzerà il mercato del carbone termico.

In un articolo di Reuters si legge che l'industria carboniera può essere suddivisa in due mercati, quello interno e quello marittimo. Il primo è quello tale per cui il carbone estratto viene immediatamente venduto sul mercato interno, il secondo è quello per cui il carbone estratto è venduto (esportato) a paesi terzi costretti ad importare energia. Di questi due, il secondo è quello che meglio riesce a cogliere le dinamiche reali del carbone.
Il commercio mondiale di carbone si trova su un trend positivo da inizio secolo e l’anno scorso ha registrato un aumento intenso. Tra il 2017 e il 2018 il commercio mondiale è aumentato del +32%, arrivando a 344 miliardi di chili. Anche nel 2019 c’è stata una lieve crescita che ha portato a un volume in chili pari a 364 miliardi, per un valore in dollari di 31 miliardi. A sostenere questo incremento ci sono le importazioni di Cina e India. Quest’ultima copre circa il 41% delle importazioni mondiali e insieme alla Cina (10%) raggiungono circa il 50% delle importazioni globali. I due paesi asiatici importano principalmente dall’Indonesia e dall’Australia (fonte ExportPlanning).
Dal 2017 il governo cinese sta promuovendo politiche ambientali restrittive cercando di ridurre il suo impatto sul pianeta – la Cina contribuisce al 20% delle emissioni totali di Co2 nel mondo-. Un esempio di queste politiche sono la sospensione delle importazioni di rifiuti e campagne di “gassificazione”. Per quanto riguarda quest’ultima la Cina sta cercando una conversione dal carbone al gas, che però con il paese in rallentamento sembra procedere a rilento. In un articolo di Reuters di inizio novembre si legge che nonostante la Cina abbia intrapreso un processo di decarbonizzazione, il carbone rimane una materia prima fondamentale dato l’attuale debole economia e un prezzo molto più competitivo rispetto a quello del gas. (fonte Reuters)
Cina ed India hanno ratificato l’accordo di Parigi del 2016 che ha l’obiettivo di ridurre la temperatura media mondiale di 2°C attraverso l’abbattimento delle emissioni presenti sul pianeta. Anche l’Unione Europea è tra le personalità giuridiche che ha firmato e preso questo impegno. Rispetto a inizio secolo le emissioni prodotte dalle UE sono diminuite del -10%, c’è stata una lieve ripresa nel triennio 2015-2017 ma nel 2018 le emissioni sono tornate a diminuire, variazione tendenziale -1% (fonte European Environment Agency).
Per quanto riguarda l’impegno della UE nella ridurre la sua dipendenza dai combustibili fossili, le importazioni di carbone europee si trovano su un trend negativo da più di dieci anni. Nel 2019 le importazioni in dollari sono 3.1 miliardi, nel 2008 erano 7 miliardi (fonte ExportPlanning).
Il principale importatore europeo di carbone è l’Olanda, in quanto il porto di Rotterdam è quello più importante nelle consegne di carbone. Le importazioni olandesi sono in lieve flessione dal quarto trimestre 2018 trovandosi comunque su un trend positivo da inizio secolo.
Il principale acquirente dell’Olanda è la Germania. Da inizio 2019 le importazioni tedesche sono diminuite del -60%, in conseguenza all’ introduzione di una legge tedesca che impone di abbandonare i combustibili fossili entro il 2038. La Germania, il più grande produttore di Co2 in Europa1, ha iniziato quindi il processo di decarbonizzazione imponendo delle leggi.
Non tutti i paesi della UE sembrano sulla stessa linea. Ad esempio la Polonia, il quarto più grande importatore di carbone, ha dichiarato che sta lavorando per intraprendere un processo di decarbonizzazione che porterebbe ad una riduzione del 50% del carbone utilizzato. Il Financial Times riporta che questa dichiarazione potrebbe fare entrare il paese in collisione con Bruxelles. Piotr Naimski, il capo consigliere in materia di energia della Polonia, ha dichiarato “non è possibile e non realizzabile per la Polonia essere un paese ad impatto zero entro il 2050“, il paese si impegna comunque nel dimezzare nell’arco del prossimo ventennio le quantità di carbone utilizzate. Naimski continua “le responsabilità pianificate per l’UE dovrebbero essere condivise tra gli stati, tenendo il considerazione la situazione e possibilità di ogni paese”.

Il principale fornitore delle UE è la Russia. Da inizio secolo la produzione russa è in forte aumento. Negli ultimi 10 anni, la Russia ha aumentato la sua produzione annua di carbone di oltre il 30%. Con una produzione in continua crescita e una domanda europea debole, la Russia si sta aprendo a nuovi mercati facendo nuovi investimenti in infrastrutture e cercando nuovi clienti. Una particolare attenzione sembra essere rivolta al mercato asiatico, sopratutto all'India. (fonte Reuters). Reuters riporta che la Russia ha lanciato una nuova terza linea di esportazione verso l’India (fonte Reuters). Le due nazioni stanno puntando a un valore di scambi annui pari a $ 30 miliardi entro il 2025. Infatti tra il terzo trimestre 2019 e quello 2018 le importazioni in chili indiane dalla Russia sono aumentate del 178% (fonte ExportPlanning). Anche la svizzera Glencore, una tra le più grandi società produttrici di carbone al mondo ha aumentato la produzione: nel terzo trimestre 2019 l'output è aumentato del +8% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (fonte Glencore).

Il prezzo di riferimento del carbone per il mercato europeo è quello quotato all’Intercontinental Exchange (ICE), in quanto rappresentativo del prezzo di consegna al porto olandese di Rotterdam. Inoltre presso l’ICE è quotato anche il prezzo australiano, rappresentativo del mercato asiatico. Come già descritto in un precedente articolo la dinamica tra i due benchmark è simile confermata anche da un’elevata correlazione tra le serie.
Il grafico che segue riporta la quotazione spot del carbone termico all’ICE e il prezzo d’importazione europeo del carbone.

Grafico 1: Andamento prezzo del carbone
Andamento prezzo del carbone

Il prezzo rispecchia la dinamica ribassista delle importazioni europee: dalla fine del 2018 il prezzo del carbone europeo è in flessione. Ad ottobre 2019 il livello è inferiore a quello dell’anno scorso, la variazione tendenziale del prezzo finanziario e doganale è rispettivamente di -40% e -20% attestandosi su un livello pari a 60 e 90 dollari alla tonnellata. A contribuire al calo del prezzo del carbone c’è stato anche il rallentamento dell’economia globale, che ha impattato in maniera significativa sul prezzo di tutti gli Energetici. A giugno 2019 il prezzo ha toccato il minimo; questo valore è prossimo al minimo storico raggiunto in contemporanea della fase di rallentamento del 2016. Dopo aver toccato questo livello, il prezzo doganale ha avuto un lieve incremento fino ad agosto 2019 per poi tornare sui livelli di giugno. Ad ottobre il prezzo finanziario invece registra un recupero con una crescita a scaglioni, non sufficiente però a riportare il prezzo sui livelli pre rallentamento. Quello di ottobre è stato un rimbalzo, a novembre la quotazione è tornata a diminuire attestandosi in media sui 56 dollari alla tonnellata.


(1) La Germania contribuisce al 2.8% delle emissioni globali.