Unione Europea: al via le nomine istituzionali dopo il voto. Il commercio mondiale frena

Settimanale Metalli non ferrosi LME - Commento del 08 luglio 2019

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Non Ferrosi Analisi settimanale LME

DINAMICA SETTIMANALE

Andamento non ferrosi

 

Nella scorsa settimana c’è stato un deciso ribasso dei prezzi che ha interessato 5 metalli su 6. In evidenza il ribasso dello zinco seguito da quello del piombo. Le quotazioni dell’indice LMEX sono scese fino a toccare quota 2770 $. L’indicatore di momentum che misura la forza del trend in atto è in zona neutra. La settimana scorsa è risultata buona la correlazione col cambio del dollaro (che si è apprezzato contro tutte le principali valute). La correlazione tra metalli e petrolio (in rialzo) resta nella norma.

COMMENTO MACROECONOMICO

Quella appena trascorsa è stata una settimana ricca di eventi significativi a cominciare dall’Italia. La Commissione Europea ha deciso di non aprire la procedura d’ infrazione per debito eccessivo contro il nostro paese. Tutto rinviato all’autunno. Ovviamente non abbiamo preso impegni a ridurre il debito ma solo il deficit in rapporto al PIL per il 2019 utilizzando i soldi non spesi per quota 100 e per il reddito di cittadinanza. Per il 2020 si vedrà. Buona la risposta dei mercati con lo spread BTP/Bund che scende sotto quota 200 e fa risparmiare qualche miliardo di euro in conto interessi. Nell’Unione Europea sono arrivate le prime nomine del dopo elezioni e se le sono accaparrate i paesi più importanti e fondatori della UE. Il presidente della Commissione Europea sarà, per la prima volta, una donna tedesca - Ursula von der Leyen, già ministra della difesa -fedelissima della Cancelliera Angela Merkel-. Alla guida del Parlamento Europeo resta un italiano -Davide Sassoli già vice presidente-. Il Presidente del Consiglio Europeo è un belga -già primo ministro del Belgio-. L’Alto rappresentante per la politica estera è uno spagnolo già ministro nel suo paese. Sono in via di nomina gli altri commissari e l’Italia spera in un ministero importante. Alla BCE, a sostituire un grande banchiere come Mario Draghi, arriva la francese Christine Legarde, attuale presidente del Fondo Monetario Internazionale (FMI). Vedremo se sarà all’altezza del compito difficilissimo di guidare la politica monetaria dell’Europa in un momento difficile come l’attuale con l’economia in fase di rallentamento. Nel complesso le assegnazioni delle poltrone più ambite non hanno premiato i partiti e i paesi cosiddetti “sovranisti” che pure alle ultime elezioni europee hanno registrato significativi aumenti dei consensi. I partiti tradizionali sono ancora in sella.
Fuori dall’Europa, niente di nuovo sulla guerra dei dazi. Trump annuncia di allungare la lista dei dazi sui prodotti europei esportati in America (di cui molti italiani) come ritorsione per il contenzioso sugli aiuti di Stato tra l’americana Boeing e l’europea Airbus (i due più grandi costruttori mondiali di aerei). Mentre USA e Europa litigano anche per gli aerei, la Cina gode per la crescita della sua azienda statale China Railway Construction Corporation.
Per quanto riguarda la guerra dei dazi tra USA e Cina c’è da registrare una nota del Governo di Pechino che chiede a Trump di rimuovere i dazi esistenti altrimenti non ci sarà alcun deal commerciale. Questo a riprova che al G20 di Osaka oltre ai sorrisi di circostanza fra i due leader, non c’era stato alcun accordo reale. Per capire la diminuzione delle importazioni cinesi di prodotti americani negli ultimi due anni, si veda il grafico.
Si aggrava anche la tensione tra Iran e Usa dopo la disdetta dell’accordo sul nucleare da parte degli americani. Anche l’Iran a sua volta è uscito dall’accordo e ha dichiarato a tutto il mondo che ha ripreso il processo di arricchimento dell’uranio. Impotenti e fermi gli altri firmatari di quel accordo, tra cui l’Europa.

Importazioni cinesi

Quindi si deve registrare che non vi sono spiragli nel breve termine, sulla fine di queste guerre che tanto male stanno facendo al commercio mondiale. Un altro segnale preoccupante per l’economia mondiale arriva da Morgan Stanley e riguarda il rapporto debito/PIL a livello mondiale giunto al 227%. Nel 2007, anno prima della grande recessione, era al 188%; +20% in soli 12 anni. Nello stesso periodo, l’indice mondiale dei prezzi delle materie prime -CRB Index- è crollato di oltre il 60%. Il prezzo del petrolio Brent era a quota 144 $/b, oggi è a 66 (-54%). Il prezzo del rame era 8940 $/ton, oggi è 5915$/ton. (-34%). Negli ultimi 12 mesi il ribasso dei prezzi è del 13%. Il ribasso dei prezzi si spiega in tanti modi: sicuramente incide il calo dei consumi a livello mondiale (come testimoniano anche gli ultimi dati delle vendite al dettaglio nella zona Euro) ma incide anche il dumping favorito dalla globalizzazione trainata dalla Cina e dai paesi in via di sviluppo dove il costo della manodopera e il costo della vita sono sensibilmente più bassi. Il ribasso dei prezzi sicuramente non aiuta le economie dei paesi produttori e frena gli investimenti, mentre aumenta il margine di profitto dei paesi trasformatori. E questo crea squilibri sulla ridistribuzione della ricchezza a livello mondiale. Nei paesi ricchi come l’America (il paese col debito pubblico più alto del mondo) si fanno debiti e si investe in Borsa mentre nei paesi poveri si fanno sopratutto debiti. L’indice borsistico Dow Jones della borsa americana Wall Street è sui massimi assoluti, vicino ai 27000 punti. Dieci anni fa era a quota 7000 che equivale ad una performance del 290%.
Per quanto riguarda i mercati, nella settimana scorsa ci sono stati ribassi nel comparto dei metalli non ferrosi, in quello del petrolio e anche in quello dei preziosi.