La parola guerra nella narrazione giornaliera

Settimanale Metalli non ferrosi LME - Commento del 20 giugno 2019

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Analisi settimanale LME

DINAMICA SETTIMANALE

Performance dei singoli metalli (future 3 mesi $)
Da inizio anno Performance a 1 anno
Ultima settimana Performance a 1 settimana

 

Nella scorsa settimana c’è stato un leggero rialzo dei prezzi che ha interessato 4 metalli su 6. In evidenza il rialzo del nichel e il ribasso dello zinco. Le quotazioni dell’indice LMEX sono scese fino a toccare quota 2740 $. L’indicatore di momentum che misura la forza del trend in atto si trova vicino alla zona ipervenduto. La settimana scorsa è risultata non buona la correlazione col cambio del dollaro (che si è apprezzato su tutte le principali valute). La correlazione tra metalli e petrolio (in ribasso) resta nella norma; il ribasso del prezzo del petrolio non ha favorito la risalita dei prezzi delle principali materie prime a cominciare dai metalli.

COMMENTO MACROECONOMICO

Sempre di più nei media di tutto il mondo, la parola maggiormente utilizzata è guerra. Guerra dei dazi, guerra commerciale, guerra dei prezzi, guerra diplomatica, guerra politica, guerra militare. Questa parola, al di là del contesto in cui è inserita, suscita a dir poco, preoccupazione a tutti i livelli delle popolazioni. Prendiamo ad esempio, la notizia del 13 giugno scorso che riguarda due navi in fiamme nel Mare di Oman in seguito all’attacco ad opera di sconosciuti; le preoccupazioni che subito si palesano nei media di tutto il mondo evocano scenari di guerra che riguardano il Medio Oriente in particolare e tutto il mondo generale. Ci riferiamo tra l’altro:

  • Alla guerra strisciante tra Arabia Saudita e Iran, che va avanti da tanti anni, e si combatte sopratutto fuori dai rispettivi territori (Yemen in primis).
  • Alla guerra diplomatica e commerciale tra USA e Iran dopo che un anno fa il Presidente americano Trump ha disdettato unilateralmente l’accordo internazionale sul nucleare iraniano (voluto e firmato dalla diplomazia internazionale tra cui quella europea). Gli Usa hanno subito accusato dell’incidente alle due petroliere, l’Iran che a sua volta ha negato tutto e ha accusato gli americani di cercare scuse per intensificare la loro presenza militare nel golfo. Sulla questione è intervenuta anche la Russia (da sempre a fianco dell’Iran) per invitare gli USA a non fare conclusioni affrettate.
  • Alla guerra in Siria che è ben lontana dall’arrivare alla conclusione.
  • Alla guerra dei prezzi del petrolio. Va detto infatti che l’area dove è intervenuto l’incidente è un passaggio dall’enorme valore strategico per via del fatto che vi transita il 30% del greggio mondiale. Non a caso, appena la notizia si è sparsa, i prezzi del petrolio hanno messo a segno un rialzo di oltre il 4% che ha interrotto il trend ribassista.

Concludiamo questo commento settimanale con la guerra delle parole (dichiarazioni) che riguardano l’Unione Europea post elezioni del 26 maggio e l’Italia. Da una parte si discute sul rinnovo delle cariche istituzionali, a cominciare dalla Commissione Europea, con i vari leader che rilasciano dichiarazioni a getto continuano volte a cercare “alleati” per la nomina dei propri candidati. Dall’altra parte si guarda al “confronto” acceso tra la Commissione Europea e l’Italia sulle manovre che il nostro paese fa per far scendere il nostro debito pubblico (che è il terzo più alto al mondo) e per scongiurare la procedura d’infrazione. Guerra di dichiarazioni da ambo le parti che ha conseguenze immediate sullo spread tra BTP e BUND da cui derivano, tra l’altro, i tassi d’interesse italiani che sono già più alti di quelli della media europea.

La reazione dei mercati

Per i mercati in generale, la parola guerra vuol dire innanzitutto incertezza che a sua volta genera volatilità. La volatilità dei prezzi è la delizia degli speculatori e la croce delle aziende. Come dimostra la variazione dei prezzi del petrolio o dell’oro o dei metalli non ferrosi anche in quest’occasione, le guerre (di qualunque genere) provocano sempre dei vincitori e dei vinti ma soprattutto provocano “vittime” che spesso sono estranee alle ragioni del conflitto.