Acciaio: vola quello cinese mentre continua a cadere quello statunitense

Confronto tra la quotazione dei coils statunitensi (CME) e quella dei tondini cinesi (SHFE)

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Ferrosi Congiuntura

Il mercato internazionale dell’acciaio è spaccato in due: da un lato la guerra commerciale che minaccia un rallentamento della crescita mondiale e traina verso il basso la quotazione del coil made in USA, dall’altro la carenza dell’offerta del minerale di ferro dovuta ai recenti incidenti sugli impianti brasiliani della Vale e alla riduzione della produzione australiana che sostiene il prezzo dei tondini cinesi a Shanghai.

L’era delle politiche protezionistiche inaugurata dal governo Trump ha avuto un’eco fortissima sulle commodity appartenenti a svariati settori, tra cui quello alimentare (come già discusso per i caso della soia ), tecnologico e soprattutto metallurgico. Una delle sfide dell’amministrazione reggente coincide con la ricostruzione del comparto siderurgico statunitense, travolto da una crisi stagnante da cui fatica a riprendersi.

Grafico 1: Confronto quotazioni dei tondini di acciaio (SHFE) e dei coils (CME)

Confronto quotazione dei tondini di acciaio (SHFE) e dei coils (CME)

Il coil laminato a caldo di produzione statunitense quotato al Chicago Mercantile Exchange (CME) è considerato il benchmark dell’industria. Dal grafico emerge che nella prima parte del 2018 il prezzo ha registrato una crescita sostenuta, passando dai 650 dollari per tonnellata di ottobre 2017 ai 1000 di giugno-luglio 2018 (+53%), momento che coincide con l’effettiva introduzione dei dazi all’import di acciaio. A luglio si è originato un trend negativo tutt’ora in corso, che ha avuto un debole rimbalzo a marzo, e che ha portato il prezzo del coil a circa 750 dollari (-25%).
La quotazione del tondino di acciaio, benchmark dell’acciaio cinese, pur avendo movimenti più discontinui si trova ancora su un trend positivo di lungo periodo iniziato nella prima fase del 2016. La frenata tra settembre e dicembre, nella quale il tondino aveva perso quasi il 20% del suo valore, è stata interrotta dagli annunci del Partito riguardo nuovi investimenti infrastrutturali. La ripresa è stata poi definitivamente sancita dallo shock negativo dell’offerta internazionale del minerale di ferro (il principale feedstock dell’acciaio) causato dall’incidente di Brumadinho dello scorso gennaio sull’impianto di proprietà della brasiliana Vale (primo produttore mondiale)1 e dalla riduzione della produzione australiana (argomento già affrontato in un precedente articolo). Le manovre espansive attuate dal governo cinese unite all’aumento del prezzo del minerale di ferro, hanno portato la quotazione del tondino, tra dicembre e aprile, ad un aumento del +12%, attestandosi su livelli poco superiori a 600 dollari.

Grafico 2: Quotazione minerale di ferro spot (CME)

Quotazione minerale di ferro spot (CME)

A questo punto l’industria siderurgica statunitense, che ha criticato le misure protezionistiche di Trump, si trova ora a “sperare” che l’attuazione del muro in acciaio tra Messico e USA non rimanga una promessa elettorale2: l’investimento, secondo l’American Iron and Steel Institute, necessiterebbe di quasi 3 milioni di tonnellate di acciaio, la manna rivitalizzerebbe sia la domanda che l’offerta interna.

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(1) La società ha fatto sapere inoltre che nei prossimi giorni potrebbe verificarsi il cedimento della diga di Barao de Cocais permettendo l’evacuazione preventiva degli abitanti dell’area (http://www.vale.com/brasil/EN/aboutvale/news/Pages/Vale-and-Civil-Defense-carry-out-new-dam-emergency-drill-in-Barao-de-Cocais.aspx).
(2) “If they decide to build a barrier and decide to make it out of steel, the industry stands ready and capable and more than able to provide the steel and assist in the construction”; questo è il commento di J. Ferriola, CEO di Nucor.